martedì 2 agosto 2011

La schiavitù nel Tigrè

Pochi sanno che la schiavitù, tanto deprecata oggi da tutti governi democratici, era comunemente praticata in quei paesi che questi governi difendevano dall'aggressione fascista negli anni trenta, ma ancor di meno sono quelli che sanno cosa fece il governo italiano subito dopo la fine della guerra di Abissinia. Questo manifesto bilingue ( italiano e amarico ) stampato il 14 ottobre 1935 ad Adua e firmato da Emilio De Bono, è famoso in tutto il mondo anche se poco noto dalle nostre parti.  Rappresenta il primo atto ufficiale del governo italiano che con esso proclamava, forse per primo in europa, che "Dove sventola la bandiera d'Italia ivi è la libertà. Perciò nel vostro paese la schiavitù , sotto qualunque forma, è soppressa." 
Gli Amara, nelle loro conquiste, hanno spesso modificato i nomi delle popolazioni sottomesse con un nome simile ma con significato dispregiativo, o addirittura con un nome che esprimesse lo stato di schiavitù. La provincia più settentrionale dell’Etiopia, che oggi è uno stato della Federazione Etiopica, si chiama Tigrai. Molti studiosi continuano a chiamarla Tigré (che è il nome con cui gli amara chiamano i tigrini) non sapendo che tigré in amarico significa “sotto il mio piede”, cioè “servo”. Tigrè invece era una popolazione dell’Eritrea settentrionale, con una struttura sociale in cui i tigré (servi) erano governati da un’aristocrazia di capi detti sciumaghillè (anziani).

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