Vorrei che qualcuno mi mostrasse i documenti dai quali risultano le immense ricchezze accumulate dai gerarchi fascisti e, ovviamente, passate ai loro discendenti dopo la fine della guerra: Balbo, Pavolini, Buffarini Guidi, Starace, Muti, Vidussoni, Scorza, ecc. Non mi risulta che nessuna di queste famiglie sia venuta alla ribalta per le sue ricchezze dal 1945 ad oggi. Riporto qui un pezzo tratto da un articolo del giornalista e scrittore Filippo Giannini che mi sembra ben rispondere a Minoli e alla sua Storia ( sua e non nostra ): "A guerra terminata nel bel mezzo della caccia al fascista e delle inquisizioni cui erano sottoposti, lo Stato democratico e finalmente libero (di rubare!) aprì un’inchiesta a carico di 5005 (cinquemila e cinque) gerarchi e alti funzionari del mai sufficientemente deprecabile infausto Ventennio, inchiesta tendente ad accertare quanto i fascisti avessero rubato. L’operazione di indagine andò avanti per un paio di anni. Ma a farsa si somma farsa. Come scritto non si trovò nulla di illegale; un bel giorno apparve su tutti i giornali (politicamente corretti) la notizia: Trovato il tesoro di Italo Balbo; è nascosto in una cassetta di sicurezza in una banca. Il giorno deciso dagli inquirenti per aprire la cassetta inquisita furono convocati operatori, giornalisti, il fior fiore dei politici e, con gran pompa, la famigerata cassetta fu aperta; obbrobrio, il tesoro era una sciarpa: la sciarpa Littorio.
Dopo di che, dato che c’è un limite per il ridicolo anche per la Repubblica nata dalla Resistenza, l’inchiesta sui 5005 (cinquemila e cinque) indagati, zitti, zitti, gli inquisitori chiusero le indagini e accantonarono l’inchiesta."
1 commento:
Anch'io nel mio piccolo ricordo un episodio simile a quello del tesoro di Balbo anche se molto minore. Mio nonno era stato Podestà di Nizza Monferrato dal 1929 al 1940, e Federale di Asti dal 1940 fino al 25 luglio 1943. Dopo la guerra fu ritrovato subito all'esterno del muro di cinta del cimitero di Nizza Monferrato una cassetta di legno recante le insegne della ditta vinicola del mio bisnonno, suocero dell'ex Federale. Si disse che rappresentasse il tesoro del Federale, o qualcosa di simile, ma quando la aprirono vi trovarono le ossa dimenticate dell'amato levriero che mia nonna aveva voluto in gioventù (per inciso ben prima di sposare il nonno), seppellire vicino al cimitero.
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