mercoledì 16 maggio 2012

Messaggi dal cielo di Bardia nel 1918



Alcuni mesi orsono mi è stato affidato l'incarico di porre in vendita gli oggetti appartenuti ad un colonnello  che aveva svolto la sua carriera militare tra la Libia, l'Italia durante la prima guerra mondiale e ancora l'Africa Italiana negli anni '30. Tra i tanti cimeli che, con emozione, incominciai subito ad esaminare uno sopratutto mi colpì per la sua stranezza. Ci misi qualche giorno a capire che mi trovavo davanti ad un reperto di eccezionale rarità, legato alla storia dell'Aviazione italiana nei primi anni della sua vita, e di altrettanto eccezionale interesse collezionistico per tutti gli appassionati di Aeronautica Militare. 
Si tratta di un oggetto giunto fino ai nostri giorni perchè conservato tra i cimeli dell'ufficiale di fanteria che nel luglio del 1918, giovane sottotenente, si trovava a difendere il presidio di Bardia in Cirenaica dagli attacchi delle forze turco-tedesche e degli insorti indigeni. Il 15 luglio 1918, un aeroplano"Farman" del 104° Squadrone Aeroplani della Sezione Autonoma di Tobruk con a bordo i tenenti Pollini e Belandi sorvolò in circolo il presidio italiano di Bardia. I due piloti, desiderando far giugere ai commilitoni assediati un messaggio di saluto, scrissero su un foglietto queste poche parole "Cielo di Bardia - 15 luglio 1918 - Cordiali saluti al Bel Presidio" seguite dalle loro due firme.

Il biglietto venne ripiegato e inserito in uno speciale "portamessaggi" metallico in dotazione all'equipaggio, munito di tre lunghe bande di stoffa bianca, rossa e verde. Questo incredibile strumento di comunicazione dell'epoca venne lanciato sopra il presidio con le sue bande tricolori fiammeggianti che consentivano di seguirne la caduta da terra e recuperarlo agevolmente. Il Sottotenente Livio Bragadin, discendente della nobile famiglia veneziana, lo raccolse o se lo fece consegnare da un sottoposto e lo conservò tra i suoi ricordi "africani" fino alla sua morte.
Certamente pochi sono gli esemplari come questo giunti fino ai giorni nostri in perfette condizioni, ma sicuramente sono pochissimi quelli che ancora contengono al loro interno il messaggio originale scritto dai piloti quasi cento anni orsono. 

Il 14 novembre del 1914, in seguito alla proclamazione della Guerra Santa (Jihad) da parte del sultano, la quasi totalità delle irrequiete e mai del tutto domate tribù libiche, ripresero le armi attaccando con vigore la quasi totalità dei presidi italiani, espugnandone diversi o costringendo le guarnigioni a trovare rifugio nei grandi centri costieri.
Fino dal dicembre del 1914 i turchi provvidero ad inviare in Libia un certo numero di consiglieri militari. Era infatti nelle intenzioni del Comando Supremo ottomano fare ammainare il tricolore in Libia e, simultaneamente, scatenare una duplice offensiva (dalla Cirenaica e dalla Palestina) contro il Canale di Suez, presidiato da forze britanniche. La prime fasi della rivolta senussa costrinsero il Comando italiano a fare arretrare i lontani presidi del Fezzan e dellentroterra tripolino e cirenaico verso la costa mediterranea, in modo da potersi avvalere della protezione della flotta. Ma durante queste operazioni di trasferimento, le nostre truppe furono messe a dura prova dai continui attacchi delle bande beduine che con improvvise e violente azioni decimarono intere colonne, distruggendo convogli carichi di rifornimenti, linee telegrafiche e capisaldi isolati.
Al termine della marcia diripiegamento, che costò agli italiani diverse migliaia tra morti, feriti e prigionieri, al generale Tassoni , giunto a Tripoli nel gennaio 1915, non rimanevano sotto controllo che poche località della costa tra cui Tripoli, Misurata, Bomba, Derna e Tobruk. Alla fine di aprile del 1915, la rivolta senussa dilagò su quasi tutto il territorio della Tripolitania ancora sotto controllo italiano. Il 3 maggio, i ribelli giunsero ad appena otto chilometri dalla cinta difensiva di Misurata. 
Nel luglio del 1915, Tassoni, ormai incapace di affrontare la situazione, venne rimosso e sostituito dal generale Ameglio. Nel settembre del 15, dell'intera Libia rimanevano in mano italiana le sole città Tripoli e Homs, proprio come nell'ottobre del 1911. Il 21 agosto 1915, data della dichiarazione di guerra dell'Italia all'Impero Ottomano, il dispositivo di difesa di Tripoli e di Homs, comprendeva complessivamente 33.664 uomini, di cui 851 ufficiali, 30.565 nazionali, 1.811 ascari eritrei e 437 somali, con a disposizione un notevole parco dartiglieria composto da 133 pezzi da 70, 75 (modello A) e da 149 millimetri, in parte mobili e in parte fissi, più 28 mitragliatrici (quantitativo in realtà piuttosto esiguo dato il tipi di guerra) e 9 apparecchi da ricognizione e bombardamento Farman e Caproni. Nel marzo del 1916, in Cirenaica gli italiani tenevano sotto controllo la fascia costiera che da Ghemines (50 chilometri a sud di Bengasi) fino a Tobruk in Marmarica. E in questa zona potevano fare affidamento su una catena formata da 5 forti capisaldi: Bengasi, el-Merg, Cirene, Derna e Tobruk.
Per quanto concerne l'impiego dell'Aviazione, fin dal 1916 venne distaccato a Valona, in Albania, l'8° Gruppo, mentre il 21° era schierato a Sakulevo in Macedonia. In Francia si trasferì invece il 18° Gruppo composto da tre squadriglie di Caproni, dove operarono assieme all'aeronautica francese. In Libia si trovavano la 104ª e la 106ª Squadriglia Farman e la 12ª Caproni contro gli insorti che minacciavano le città sulla costa, dove la guarnigione italiana si era ridotta. I tedeschi avevano istallato a Misurata una potente stazione radio per comunicare con i sommergibili, la quale venne distrutta dagli aerei italiani nel settembre del 1918.
Nell'estate del 1917, tutte le truppe italiane rimasero rintanate nelle loro fortezze, lasciando al nemico la più assoluta libertà di movimento. Il 15 luglio 1918, il generale Giovanni Ameglio venne sostituito nell'incarico di governatore dal generale Vincenzo Garioni (già governatore di Libia nel periodo 1913-1914). Garioni giunse l'8 agosto a Tripoli con il compito di schiacciare la rivolta turco-araba. Ma ormai le sorti della guerra iniziavano a volgere in favore delle forze dell'Intesa. In seguito al trionfo di Vittorio Veneto e alla sconfitta turco-tedesca di Megiddo (Palestina), le forze ribelli arabe, lacerate dalle lotte intestine ed abbandonate dai consiglieri militari ottomani e tedeschi, iniziarono a rallentare la loro attività contro i presidi italiani, consentendo al generale Garioni di riprendere con successo l'iniziativa sia militare che diplomatica: iniziativa che negli anni Venti consentirà la totale riconquista della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan. 
( Notizie storiche tratte dalla pubblicazione di Alberto Rosselli "Le operazioni militari in Libia e nel Sahara 1914-1918" ) 

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