mercoledì 9 marzo 2011

Le bugie di Gheddafi

Le ridicole farneticazioni di questi ultimi giorni da parte di Gheddafi sul fatto che i libici abbiano sconfitto gli italiani, alle quali nessun media nazionale ha opposto la verità storica su quegli ormai lontani avvenimenti, merita che si faccia un pò di chiarezza. 
Contrariamente a quello che afferma Gheddafi, non furono i libici a sconfiggere gli italiani, bensì il contrario seppur con mezzi crudeli e spesso inumani come accadeva in tutte le campagne di colonizzazione condotte dai paesi europei. I francesi in Algeria e in Marocco, gli inglesi in Egitto, nel Sudan e in Sud Africa, gli spagnoli nei loro possedimenti marocchini. Le efferatezze sui soldati spagnoli fatti prigionieri dai guerriglieri appartenenti alle bande di Abd el Krim, spinsero numerosi membri delle Cortes a chiedere che l’esercito e l’aviazione usassero gas tossici di ogni tipo per reprimere la ribellione nel Rif marocchino. I britannici, del resto, nel 1919 avevano usato fumi di arsenico a Murmansk, nella penisola di Cola, contro truppe dell’Armata Rossa e gas di iprite e fosgene nel ’20 in Pakistan e Afghanistan contro le tribù di confine. L'unica differenza è che fino ad oggi non si sono mai visti libri e giornali francesi, spagnoli o inglesi che si autodenunciavano per l’uso di gas mentre noi italiani ci autoaccusiamo di aver usato l'iprite nella guerra d'Etiopia e chiediamo continuamente scusa a tutti per i crimini "fascisti".     

L’invasione della Libia fu preparata dall’Italia fin dal 1887 (Mussolini aveva quattro anni). Forti pressioni per questa impresa vennero principalmente dalle banche alla testa delle quali era il Banco di Roma che aveva investito notevoli capitali proprio in Libia, contando sulla sua trasformazione in colonia. Ma a favore della spedizione troviamo anche i socialisti, i sindacalisti rivoluzionari, nonché i cattolici. La decisione della guerra contro la Turchia, che allora dominava la Libia fu presa dal Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, nel novembre 1911 ed il 25 di quel mese il dado fu tratto, e fu guerra. Violente dimostrazioni contro quell’impresa si svolsero principalmente in Romagna, guidate da Mussolini. Però, evviva la democrazia, la dichiarazione di guerra, come consentiva l’art. 5 dello Statuto, fu inviata senza l’approvazione del Parlamento il quale, in vacanza dal luglio, riaprirà solo il 22 febbraio 1912.    Il contingente italiano, dopo aspri combattimenti, occupa i principali centri costieri della Tripolitania e della Cirenaica; ma non va oltre. L’interno libico rimarrà, per almeno due decenni, in mano di bande locali, spesso in lotta fra loro.    
Ma, c’è sempre un ma, anche se non ancora in Camicia nera: un attacco turco a Sciara Sciat provoca quasi 400 morti fra i bersaglieri italiani. Seguirà da parte italiana una feroce rappresaglia. Ma quali scuse ha portato Gheddafi per le atrocità commesse da parte dei suoi concittadini a danno degli italiani? Circa le atrocità di cui furono vittime i soldati italiani caduti nelle mani dei turchi-libici durante la conquista di Tripoli, così scriveva il Journal: "Ho veduto in una sola moschea diciassette italiani crocifissi. Sono stati inchiodati al muro e morirono a fuoco lento… A un ufficiale furono cuciti gli occhi. I cadaveri erano mutilati in modo indicibile… Nel cimitero di Chari vedemmo cinque soldati sepolti sino alle spalle; le teste emergevano dalla sabbia, nera del loro sangue" E il giornalista del Matin: "Nel villaggio di Henni e nel cimitero arabo era stato operato un vero macello… Si sono loro tagliati i piedi, strappate le mani: vi sono stati crocifissi. Un bersagliere ha la bocca squarciata fino alle orecchie".  
E veniamo alle imprese di Omar al Mukhtar con la cui foto appesa sul petto Gheddafi si è presentato a Berlusconi che gli baciava la mano. 
Nel 1980 un film, "Il leone del deserto", di coproduzione Usa e Siria, fu dedicato alla lotta di liberazione libica contro il colonialismo italiano. Il film fu parzialmente finanziato con 35 milioni di dollari da Muammar Gheddafi, il quale chiese l'inclusione di una scena storicamente inesatta che mettesse in cattiva luce i Senussi, in modo da separare la figura di al-Mukhtar, suo riferimento ideale, da quella di re Idris I, capo dei Senussi e cacciato dalla rivolta di Gheddafi. 
Il film è stato ripetutamente trasmesso dalla televisione libica, per diffondere la visione storica di Gheddafi il quale è rappresentato da bambino presente all'impiccagione di al-Mukhtar. Questa circostanza é un mero falso , in quanto Gheddafi nacque nel 1942 , vale a dire alcuni anni dopo la morte di al-Muktar. e le autorità italiane hanno vietato la proiezione del film nel 1982 perché, nelle parole del primo ministro Giulio Andreotti, «danneggia l'onore dell'esercito». Ora è necessario ricordare che la pacificazione della Libia era una delle tante eredità negative lasciate al fascismo dai governi precedenti. 
Omar al Mukhtar nasce in un villaggio della Marmarica orientale intorno al 1862, in un ambiente fortemente influenzato dalle regole del Corano. Si fa notare sia per la sua attitudine negli studi coranici, sia per il suo temperamento volitivo, ma anche per la sua volontà nel combattere prima i turchi, poi gli invasori italiani. A 40 anni è nominato capo della Zawia (convento e centro d’azione) e tornato nella natia Marmarica ha la spiacevole sorpresa di vedere le tribù sottomesse al governo italiano. Da allora in poi, sempre nel nome di Dio Altissimo e Misecordioso, punisce con spietata durezza chiunque accetti di collaborare con le autorità italiane. A causa della guerra 1915-1918 il territorio, specialmente quello interno, vide le truppe italiane ridursi notevolmente per essere trasferite in altri fronti, così che bande sempre più numerose poterono spadroneggiare nel territorio imponendo decime alle popolazioni, accanendosi, in particolare contro coloro che mostrano una qualsiasi simpatia verso l’Italia. Omar al Mukhtar ha una parte preminente in queste azioni intimidatrici  e punitive, precedute e seguite sempre da atti di inaudita ferocia. Fare un elenco del terrore seminato dal Leone del deserto e da altre bande simili è semplicemente impossibile. L’attività di Omar al Mukhtar assume connotati di assoluta preminenza nel biennio 1929-1931, di conseguenza il Governo italiano ritenne indispensabile pacificare tutta la Libia. Badoglio e Graziani, incaricati allo scopo, reputarono necessario sottrarre il territorio all’influenza dei capi locali.Quindi giustizia e perdono per i sottomessi, severità implacabile per i ribelli. Negli anni ’29, a seguito di una serie di contatti con alti ufficiali italiani, sembrava che un accordo sulla pacificazione fosse a portata di mano, ma a ottobre di quell’anno al Mukhtar ordinò l’attacco ad una pattuglia di zapié (carabinieri indigeni) comandati dal brigadiere Stefano Ramorino, accorsa per riparare la linea telefonica, appositamente sabotata in località Gars Benigden proprio per realizzare l’agguato. L’eccidio compromise qualsiasi ulteriore tentativo di accordi e ravvivò la guerriglia e la contro-guerriglia. Nei primi quattro mesi del 1931 il ritmo delle razzie e degli agguati assunsero proporzioni non più tollerabili. Fu in questo contesto che Graziani concepì e diresse la più grande e complessa operazione sahariana mai prima compiuta. Obiettivo finale della manovra: l’oasi di Kufra, nel più profondo sud desertico, conquistata, dai reparti cammellati, dopo una massacrante marcia nel deserto. Omar al Mukhtar,  ormai stanco, sfiduciato, vecchio e abbandonato dai suoi fidi, venne catturato, ai primi di settembre del 1931 nella zona di Uadi el Kuf, da una pattuglia di Sawari. Dopo la cattura, accusando di essere stato abbandonato al suo destino, stoicamente aggiunse: "Se mi avete preso è soltanto per volontà di Allah. Ora fate di me quel che volete".
   Graziani, d’accordo con Badoglio e con il Ministro delle Colonie De Bono, convocò il Tribunale militare speciale che condannò al Mukhtar a morte per i reati commessi. Il giorno dopo, alle 9 nell’assolata piana di Soluk, l’esecuzione venne consumata in un cupo silenzio. Nel gennaio del 1932 il maresciallo Badoglio comunicò a Roma, non senza orgoglio, che dopo oltre vent’anni la colonia era finalmente pacificata. Un fatto è certo, scomparso Muktar – cui fece seguito la coraggiosa liberazione in massa degli ex ribelli – non un solo colpo di fucile è stato più esploso contro gli italiani, razzie e saccheggi finirono d’incanto e i remoti territori del deserto tornarono alla serenità. Il Duce si recò in Libia dal 12 al 21 marzo 1937, per inaugurare ospedali, strade, edifici pubblici, fattorie. Anziché essere preso a fucilate fu accolto dai nativi con un entusiasmo incontenibile, tanto che gli fu donata la Spada dell’Islam, in oro massiccio e intarsiata con pietre preziose, alto simbolo di riconoscenza. Nel corso delle sua visita nelle varie località libiche l’entusiasmo dei coloni italiani e della popolazione locale era veramente esaltante. Nell'oasi di Bugara il duce a cavallo alza la spada verso il cielo e, dopo avere promesso di «tenerla con sé fra i ricordi più cari come simbolo di forza e di giustizia», dichiara solennemente che l'Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane della Libia e dell'Etiopia "pace, giustizia, benessere e rispetto delle leggi del profeta" e si proclama "protettore dell'Islam"Un’altra iniziativa, accuratamente taciuta dai media, unica del genere per i Paesi colonizzatori, fu il provvedimento con il quale con Regio Decreto veniva riconosciuta una cittadinanza italiana speciale per i nativi musulmani delle quattro province libiche che facevano parte integrante del Regno d’Italia e che diventavano cittadini italiani a tutti gli effetti ( altro che le attuali leggi anticlandestini ). Descrivere in queste poche righe le opere compiute dal lavoro italiano fascista, a dispetto del dittatorello libico, risulta impossibile, ma solo per motivi di spazio. 
L’occupazione italiana dell’Africa del nord durò ancora dieci anni. Nel maggio del 1943, dopo la resa del corpo italo-tedesco allora sotto il comando di Jürgen von Armin (il feldmaresciallo Rommel era rientrato in Europa in marzo), la Libia fu posta sotto l’amministrazione militare anglo-francese prima di diventare, nel 1951, il primo stato sahariano indipendente.

 


 

1 commento:

Anonimo ha detto...

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